Se siamo su un certo tipo di percorso interiore e se ci occupiamo di relazione d’aiuto l'atteggiamento che subito cerchiamo di praticare, la prima cosa che cerchiamo di fare è quella di accogliere l'altro.
Se penso all'atteggiamento che deve avere qualcuno che sta dentro alla dimensione della relazione d'aiuto può essere solo questo. Cioè c'è un'accoglienza dell'altro così come è, c'è un'accettazione dell'altro così com'è.
Troppo spesso però ci fermiamo qui anche quando l’altro ‘ci ferisce’ o ci manca di rispetto.
Cioè quando molto spesso l’altro mette in moto dei meccanismi da cui emerge che l’altro non ha alcuna consapevolezza sugli altri e sul mondo intorno.
In cui prende in considerazione solo se stesso e le sue esigenze.
Quando l’altro non sa minimamente che cosa vuol dire ‘entrare in relazione’, cioè che hai messo i piedi dentro alla casa di qualcun altro.
Non si rende neanche conto che potrebbe aver provocato un dolore. Cioè quando l’altro riesce a vedere e a pensare solo a sé!
Ecco perchè a volte tu dopo l’accoglienza senti a un certo punto rabbia, e inizi a chiederti: perché devo avere sempre a che fare con persone che fanno così?
Prima di tutto proprio per imparare come averci a che fare!
Per poter osservare e fare attenzione a quando idealizzi gli altri e gli fai ‘passare’ tutto, cioè quando ti fai prendere come se fossi un pesce, all’amo.
L'idealizzazione infatti ti fa perdere di vista completamente che ci sono anche altri aspetti delle persone che non puoi ignorare.
Quando l’altro si occupa solo di sè, non si rende conto che si rivolge ad altri, che sta facendo una serie di cose in cui è in relazione con altri e che nel suo stare in relazione con altri mette i piedi dentro la loro vita, che se è all’interno di una relazione di qualsiasi tipo lascia delle orme, non è un fantasma dentro la vita degli altri.
Non puoi vedere solo te, altrimenti sei chiaramente un tipico ‘narciso’.
E poi i più ‘spiritualisti’ riescono magari a farla passare pure come consapevolezza di sé, ma in realtà è un’ottava molto bassa della consapevolezza di sè.
Sii attento a queste situazioni, sia nella tua vita personale che professionale, in cui siamo eccessivamente disponibili, accoglienti e aperti almeno finchè non ci pestano eccessivamente i piedi e allora ci decidiamo a dire di no e chiarire i nostri confini.
Qualche volta - senza rabbia, ma con il giusto modo di dire - è fondamentale mostrare all'altro che certi atteggiamenti diventano faticosissimi da reggere. E se lo sono per un terapeuta, figuriamoci dentro la vita di tutti i giorni.
Ripeto: attenzione nel rimanere fregati dal fatto che noi pensiamo sempre alla dimensione di accoglienza!
L’accoglienza non vuol dire che io devo accettare tutto.
Sì, ti accolgo come persona, non ti giudico.
Ma ho bisogno anche di dirti, proprio in relazione al fatto che creiamo, siamo in una relazione, che alcune cose hanno degli effetti.
Poi capiterà sicuramente che qualcuno non vorrà sentirsi dire alcune cose.
Pazienza se non le vuole sentire vuol dire che o non è il tempo o non ha le risorse per ‘lavorarle’.
Ma intanto tu allenati a dirle e a prendere in considerazione cosa senti in te, e cosa è ‘tollerabile’ e cosa no per te in una relazione.
Accettare l’altro non vuol dire subirlo!
Impara ad alzare un po' l'asticella di quello che è tollerabile o meno per te senza avere paura di perdere l’altro.
Con Amore,
Dafna
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